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Il flagello della consapevolezza. Un nuovo studio rivela le basi neuronali del “bias di conferma”.

In psicologia il bias di conferma (in ,inglese confirmation bias, N.d.R.) indica un processo mentale che consiste nel ricercare, selezionare e interpretare informazioni in modo da porre maggiore attenzione, e quindi attribuire maggiore credibilità, a quelle che confermano le proprie convinzioni o ipotesi, e viceversa, ignorare o sminuire informazioni che le contraddicono.

Il flagello

Alcuni psicologi usano il termine “bias di conferma” per riferirsi a qualsiasi metodo usato dalle persone per evitare di disfarsi di una credenza, che si tratti della ricerca di prove a favore, di una interpretazione di parte o del recupero selettivo da memoria. Altri restringono  l’uso del termine a una ricerca  selettiva di prove.

Tutti ne siamo in qualche misura affetti e ora un team internazionale di neu­roscienziati della Virginia Tech, del­l’University College e dell’Università di Londra ha rivelato i meccanismi cerebrali e le regioni funzionali che sono alla base di questo fenomeno.

Il flagello della consapevolezza. Lo studio, pubblicato lo scorso dicembre su Nature Neuroscience, fornisce informazioni su una proprietà fondamentale della formazione delle credenze che è stata documentata da psicologi ed economisti, così come nella letteratura popolare, tra cui 1984 di George Orwell.

Le persone tendono a ignorare le informazioni che sono in conflitto con le loro scelte passate, non importa quanto autorevoli o reali possano essere le nuove informazioni.

Il flagello della consapevolezza. “Lo osserviamo ogni giorno nei media”, ha affermato P. Read Montague, leader della ricerca e professore e direttore dello Human Neu­ roimaging Laboratory, “è il mistero del processo decisionale. Le persone prendono abitualmente decisioni che vanno .contro i loro migliori interessi … “.

Il flagello della consapevolezza. Durante lo studio i partecipanti, tutti provenienti da Roanoke e Black­ sburg, due piccole città della Virginia, USA, arrivavano in laboratorio a due a due e, fatte le presentazioni, erano invitati a ritirarsi nei loro cubicoli individuali da cui giocavano insieme a un gioco immobiliare, in cui si scommettono somme di denaro e si ha la possibilità di rivalutare le proprie decisioni alla luce delle scommes­se fatte dal partner.

Quando i partecipanti apprendevano che i loro partner erano  d’accordo con le loro opinioni, aumentavano significativamente le proprie scommesse, confermando così di essere sicuri della propria decisione. Al con­trario, i partecipanti riducevano le scommesse solo leggermente quando i partner non. erano d’accordo.

Il flagello della consapevolezza. L’impatto dell’opinione del partner era di gran lunga maggiore quando confermava il giudizio del giocatore e l’opinione aveva maggiori probabi­ lità di essere ignorata quando era in contraddizione, così come vuole il bias di conferma!

Gli scienziati hanno analizzato dati provenienti da “imaging cerebrale funzionale” (tipo risonanza magneti­ca) associati al comportamento e hanno individuato una regione associata al processo decisionale e alla memoria: la corteccia prefrontale mediale posteriore.

“Stiamo utilizzando il neuroimaging funzionale e la neuroscienza compu­tazionale per scomporre i meccanismi che ci portano a essere di parte nel prendere una decisione piuttosto che un’altra, per comprendere quali strut­ ture neurali sono coinvolte e come cambiano attraverso lo sviluppo e gli stati di salute, malattia e lesioni cere­ brali”, ha detto Montague. “In questo senso, lo studio contribuisce direttamente alla comprensione del perché le persone    prendono   decisioni. Ha implicazioni per le istituzioni di tutta la nostra cultura in cui le persone esprimono spesso giudizi che sono contrari ai loro stessi interessi”. 2 Sarebbe bello se la neuroscienza riu­ scisse a far sì che questo fenomeno fosse reversibile e curabile, visto che è uno dei grandi flagelli della consape­volezza umana. E non riguarda solo scelte e idee della vita culturale, sociale e politica, ma influenza fortemente anche il regno della spiritualità.

Osho ne ha parlato spesso, persino in relazione al modo in cui le persone gli rivolgevano lè domande:


“Esistono due tipi di domande. Il primo tipo è una domanda che poni non perché NON SAI, ma perché SAI qualcosa. Scaturisce dalla tua cosiddetta  conoscenza.  Sai  già  la  risp osta e dopo poni la domanda.
È così stupido…
Qualunque cosa sia, non la sai davvero, altrimenti non avresti fatto una domanda. In secondo luogo, dal momento che la domanda è stata sol­levata da una risposta preconcetta, non sei pronto a ricevere una nuova risposta. Domande del genere sono assolutamente inutili, non ti portano da nessuna parte.
Non chiedere mai perché sai qualcosa. Se sai, va bene così, non c’è bisogno di chiedere. E se non sai, chiedi da ignorante, come una persona che non sa. Perché se non senti di non sapere, non puoi essere vulnerabile, aperto, ricettivo. La ricettività è necessaria, altrimenti poni una domanda e non permetti alla risposta di entrare.
Quasi tutte le domande sono così.

Abbiamo già la risposta e poi cerchiamo una conferma. Non siamo sicuri, perché non lo sappiamo davvero, abbiamo semplicemente raccolto determinate informazioni. Ora vogliamo che qualcuno ci dia la certezza, qualcuno che sia testimone della nostra conoscenza in modo da poter sentire: ‘Sì, ho ragione’.

È molto assurdo. Se sai, la conoscen­za in se stessa, conoscere di per sé, ti dà fiducia. È evidente. Se sai qualco­sa, anche se il mondo intero lo nega, non fa differenza. E allo stesso modo, se non sai e tutto il mondo dice: ‘Sì,  è vero’, anche questo non fa differen­za. Conoscere è ovvio, palese, e anche l’ignoranza si dimostra da sé.

OSHO

TESTI E DATI TRATTI DA:

l. Adattato da Wikipedia

  • neurosciencenews.com
  • Osho, The Eternai Quest #12

Articolo pubblicato su Oshotime n. 265 febbraio 2020

Post Author: Giuseppe Crispo

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