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Sembrerebbe proprio che I tempi siano maturi per attuare una radicale revisione di quella produzione in eccesso di tessuto differenziato detta tumore

Evidenze sperimentali:

Cellule epiteliali di cancro al seno trapiantate su una trama di normali cellule di ghiandola mammaria, riprendono la forma di normali cellule di dotti lattiferi.

Allo stesso modo cellule tumorali umane esposte in un microambiente di cellule embrionali, recuperano un fenotipo non “maligno”.

In pratica e per semplificare, è come se queste si risintonizzassero, si riarmonizzassero, con il mesenchima coerente, nel quale vengono immerse.

Questo fenomeno è straordinario e indecifrabile dalla teoria classica del danno genetico: una cellula che ha modificato il proprio equilibrio morfologico, che ha cambiato forma e connessione con il proprio tessuto e ha acquisito la tendenza a proliferare, se inserita in un campo morfogenetico stabile torna alla stabilità originaria.

Dicono i ricercatori: Pertanto, la reversione della forma del tumore in una dimensione frattale più “fisiologica” implica una ridotta instabilità morfologica e una maggiore connettività tra le cellule.

Come conseguenza della “normalizzazione” della forma cellulare, le cellule di carcinoma mammario esposte a strutture formate da un campo morfogenetico originario (condotti e acini mammari), riattivano le vie di segnale e recuperano le giunzioni intercellulari.

In fisica si parla di “Domini di Coerenza”, cioè di sistemi aperti polarizzati che si armonizzano su frequenze di campo elettromagnetico, ordinate e morfo funzionali.

Al contrario, i trattamenti anticancro citotossici attuali inducono un significativo aumento della dimensione frattale della cellula e “possono involontariamente contribuire all’instabilità morfologica del tumore e alla conseguente invasione tissutale”. Regimi chemioterapici lievi non modificano la morfologia del tumore mentre la chemioterapia intensiva citotossica aumenta i valori frattali e, quindi, aumenta il disordine tissutale favorendo più fenotipi maligni.

Non sarebbe la prima volta in campo medico, in cui si è costretti dall’ evidenza dei fatti, a ridurre i dosaggi e la frequenza dei trattamenti in un’ottica non di guerra, contro un nemico da combattere, ma con una visione ed una strategia di maggior rispetto della naturale fisiologia del paziente, nella sua integrità psicofisica di individuo.

Il meccanismo descritto di trasformazione morfologica non è diverso da quello che avviene ad una linea di cellule staminali che va differenziandosi e specializzandosi. Non è sufficiente il messaggio contenuto nel DNA, ma è necessario che questo codice di attivi in modo giusto e nel momento giusto.

Vi sono un numero limitato di stati di equilibrio e forme cellulari, configurazioni “attrattori” che sempre più numerosi esperimenti ci dicono non dipendere solo da un’informazione genetica, tantomeno da una mutazione casuale ed erronea che altrimenti genererebbe morfologie casuali e certamente non reversibili.

In pratica la fonte principale di emissione elettromagnetica di un essere biologico, cioè il cervello o sistema nervoso centrale, propaga attraverso il sistema nervoso periferico ma anche il tessuto acquoso interstiziale, determinate frequenze di risonanza, che condizionano l’attività tessutale ed riorganizzano ed attivano le cellule con il loro genoma, in forme e quantità che sono espressione di tali campi.

La sfida del futuro risiede ora nella comprensione di questo campo morfogenetico in vivo, e non solo in vitro, con l’ambizione di vedere invertire i fattori fisici ed elettrochimici delle cellule “mutate” al loro stato morfologico originario.

Fonti:

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  11. [A rather negative judgment about the methodological foundations of cancer research was made by Robert Weinberg, who expressed the view that experimental oncologists cultivate the illusion of doing “something meaningful” just because they can manage straightforward experiments to accumulate a huge amount of reproducible data” quoted in Leaft C. Why we’re losing the war on cancer (and how to win it). Fortune, 2004; 149(6): 76–88.]

Post Author: Giuseppe Crispo

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