Pazzia e pandemia – A distanza di molti mesi, il primo giorno da “arancione” – un colore che al pari e forse più di altri a noi “olistici” normalmente piace, perché associato al II chakra dell’energia sessuale da cui si alimenta il processo creativo – mi sono deciso a scrivere qualcosa sulla incredibile situazione che stiamo vivendo.
Fisso questi pensieri in un tardo pomeriggio, dopo una giornata trascorsa come sempre più spesso mi accade, sospesa e “dilatata” tra il lavoro, sporadici contatti diretti ed innumerevoli virtuali.
Ascoltando la miglior musica dei Pink Floyd rimasterizzata, da poco acquistata al negozio di musica sotto casa in versione economica, che in cuffia con magnifiche sonorità, ha lo stesso effetto energizzante di un buon caffè o un guaranà, che non potrei prendere essendo “fuori orario”.
Pazzia e pandemia. “Sogno, quindi sono”, scrisse Jorge Luis Borges, e ora siamo veramente in una situazione degna di questo grande poeta, scrittore e filosofo.
Tanto è vero che la stessa enciclopedia online wikipedia, riporta che “oggi l’aggettivo «borgesiano» definisce una concezione della vita come storia, come menzogna, come opera contraffatta spacciata per veritiera (come nelle sue famose recensioni di libri immaginari, o le biografie inventate), come fantasia o come reinvenzione della realtà”.
E invece no, non siamo in una fiction, in un gigantesco “Truman show”, anche se spesso veramente ci sembra di esserlo.
E certamente, ognuno poi lo è a modo suo, anche a seconda della propria situazione e delle proprie scelte, oltre che delle proprie convinzioni.
Sicuramente quasi tutti voi che adesso, a distanza di pochi giorni o chissà quando rispetto al momento in cui scrivo queste mie sintetiche riflessioni, state leggendo, in questo lungo particolarissimo anno, vi sarete tante volte ritrovati a riflettere, a disperarvi, a provare paura, rabbia, smarrimento.
Pazzia e pandemia. Qualcuno di voi sicuramente è riuscito a uscire prima degli altri da questa pesante condizione, per “fortuna” o, più probabilmente, per il frutto di tanti anni di letture e di pratiche, che hanno consentito di mantenere un “livello energetico” elevato.
Anzi, addirittura a trarre beneficio anche da questa situazione; sì, perché a livello economico così come a livello energetico (che poi a un certo livello sono la stessa cosa).
Ci sono stati alcune persone che da questa situazione ne sono uscite migliori, più ricche spiritualmente e materialmente di prima; molti altre invece no, e certamente nella maggior parte dei casi non si può dire che sia colpa loro.
Non è stato difficile infatti riscontrare che la maggior parte di noi è stata comunque in qualche modo colpita da questa situazione, anche se non ne è stato direttamente interessato né dal punto di vista sanitario, sia per se stesso che per i propri affetti, né dal punto di vista economico, ma soltanto da quello psicologico e della restrizione delle libertà.
Quello però più mi ha colpito è stata la forte “polarizzazione” ideale che ho registrato anche tra i tanti amici operatori del benessere e olistici.
Personalmente, in alcune circostanze mi sono ritrovato e mi ritrovo, come già anche altre volte mi era accaduto, a concordare con chi si è schierato apertamente contro gli eccessi di “scientismo” e di “odio sociale” nei confronti di chi, in quei terribili mesi della chiusura totale, osava addirittura uscire da solo in una spiaggia o per un sentiero isolato di campagna.
Altre volte invece, mi sono ritrovato a solidarizzare con chi, al contrario, segnalava l’indifferenza e l’egoismo di chi voleva che “tornasse tutto come prima”, come se fosse possibile semplicemente farlo negando l’evidenza, e soprattutto come se prima le cose fossero così perfette.
Pazzia e pandemia-Per curiosità, avendo saputo che erano disponibili, alcuni giorni ho consultato i dati sui decessi in Italia pubblicati da ISTAT, per il periodo 2015-2020 (dall’1/1 al 31/8) e scomponibili anche per classi di età.
Purtroppo non sono aggregati e sono consultabili solo per singolo comune, ma basta scorrerne un po’, iniziando magari dai principali comuni nelle diverse aree geografiche (https://www.istat.it/it/archivio/240401).
I dati mi sembrano interessanti in più sensi: chi ancora si ostina a negare l’esistenza e la letalità di questo virus, può leggere direttamente i dati di quasi tutte le realtà del Nord Italia.
Che ha avuto un eccesso di mortalità di quasi il 20% nel periodo; e così purtroppo sarà in questa “seconda ondata”. Alla fine, sicuramente ci saranno molti più morti degli anni precedenti.
Allo stesso tempo, però, si legge che anche in molte realtà colpite duramente da questo virus e dalle sue nefaste conseguenze, si è registrata una anche notevole diminuzione dei deceduti nelle classi di età più giovani, come conseguenza della chiusura, ma forse non soltanto.
Pazzia e pandemia – In ogni caso, possiamo quindi dire che si stava meglio prima? Forse i tanti deceduti per i più svariati motivi (e non soltanto, ma anche i gravemente e quelli irreversibilmente feriti.
E soprattutto per incidenti stradali o sul lavoro, o di tumore o altre malattie come conseguenza del fumo, dell’abuso di alcool o di altre sostanze, e dello stesso inquinamento atmosferico, valevano e valgono forse meno dei morti per (o meglio con il) COVID?
Incontrovertibilmente, questo virus è spaventoso e spaventevole per la sua incredibile contagiosità. In questo senso, l’invocare al “rispetto delle regole” e piangersi addosso (o anche puntare l’indice contro qualcuno) serve a poco.
Purtroppo, l’unica strada per poter sconfiggere efficacemente questo virus, o meglio la sua facilità di trasmissione, pare sia quella dell’estrema rigidità, mentre a livello clinico, si stanno cercando di trovare dei protocolli di cura più definiti rispetto a quelli iniziali.
Insomma, ancora una volta, quello di cui abbiamo bisogno, alla fine, è una migliore organizzazione, che presenti alcune necessarie rigidità laddove utili, e invece maggiore ragionevolezza, in alcune altre.
Sicuramente, credo sia l’occasione di ripensare al ruolo di luoghi come le Residenze Sanitarie Assistenziali, che in questa situazione nella maggior parte dei casi sono diventate dei veri e propri “lazzaretti”.
Credo che in questo senso, sarebbe bello poter ripensare in generale alle diverse modalità di residenza e di vita, facilitando i meccanismi di solidarietà tra le persone e cercando di riavvicinarle, invece di frammentarle ulteriormente anche a livello familiare, così come sta avvenendo in questi momenti, con la motivazione di “stare in sicurezza”.
Pazzia e pandemia – Una strada difficile, che rigetta la facile visione “manichea” del “tutto bianco – tutto nero”, ma che corre sul confine di questo e dell’altro campo, in una visione e in una prospettiva, a differenza di quanto si possa pensare, non certo facile, ma al contrario esposta alle più dure ed aspre critiche di entrambe le “fazioni”.
Riuscire a prendere il “buono” da ogni pensiero e gettare via il “cattivo”, separare alchemicamente il “grano dal loglio” è quanto di più difficile si possa fare, bombardati come siamo da assolute verità da parte dei cosiddetti “esperti” e da “guru” di ogni tipo.
Pazzia e pandemia – Questo fatto del formarsi di “fazioni”, è stata recentemente e diffusamente commentata dal Prof. Riccardo Manzotti, docente di filosofia teoretica allo IULM di Milano in un’intervista radiofonica.
Dove esprime evidenti critiche nei confronti del “sistema mediatico-pseudoscientifico” che oggi come ieri, stabilisce verità e dispensa regole: ”Il covidismo è, in molti modi, la nuova grande religione nei confronti della quale si compiono sacrifici (umani).
Si combattono guerre, si divide il mondo tra fedeli e infedeli, si compiono rituale, si vogliono censurare gli eretici”.
Manzotti afferma infatti che assistiamo “ ad una sostituzione di quello che è razionalmente sensato, con una serie di comportamenti magici, che non hanno una spiegazione causale, ma che vengono fatti soprattutto per sentirsi parte di una comunità, e in questa comunità, ovviamente, chi seguirà questi comportamenti, poi verrà “salvato”…
Pazzia e pandemia – In entrambi i casi si assiste ad una serie di comportamenti scaramantici, rituali, magici, che per il fatto stesso di non avere una giustificazione razionale, diventano moralmente positivi.
Si debbono fare per rispetto e per appartenenza ad una comunità…poi ci sono altri elementi che sono legati alla contrapposizione tra persone che appartengono ad un certo credo e persone che non vi appartengono.,
Queste ultime vengono viste come “il nemico”, come “gli infedeli”, come quelle persone che, per qualche difetto di natura morale o di altra natura, non possono essere ammesse alla comunità dei prescelti”.
La mia impressione rispetto a questo contributo, è che si colgano alcuni importanti elementi, ma nel complesso si resti troppo in superficie rispetto ad un problema più complesso: https://www.controradio.it/il-covidismo-e-una-nuova-religione/.
A riprova della validità di quanto affermato dal Prof. Manzotti, ma anche per coglierne i limiti, è interessante prendere in esame quanto affermato e riportato dalla biologa Barbara Gallavotti, intervistata da Giovanni Floris a “LA 7” nella popolare trasmissione “Di Martedì”.
Secondo la Dott.ssa infatti, il cosiddetto “negazionismo” può fare moltissimi danni, “perché ci impedisce di affrontare correttamente l’epidemia ed è il miglior alleato del virus e in ultima analisi, può (il negazionismo, non il virus) fare molte vittime.
“Di questa cosa se è occupata … la rivista delle Associazioni mediche americane, con un commento molto duro che è stato da parte del neuroscienziato Bruce Miller”.
Prosegue, spiegando che, partendo dall’assunto che gli USA hanno soltanto il 4% della popolazione mondiale ma il 20% delle vittime a livello mondiale (l’Italia ha più o meno la stessa percentuale di vittime rispetto alla popolazione), tale cosa sarebbe dovuta in buona parte al fatto di aver negato l’epidemia.
La Dottoressa ricorda poi che il negazionismo ha “sempre ucciso”, per esempio nel caso di chi si è rifiutato il vaccino per il morbillo (negando quindi implicitamente l’esistenza delle vittime delle reazioni avverse da vaccinazioni e quindi di fatto comportandosi da “negazionista” lei stessa).
Per poi passare ai farmaci antitumorali e agli antibiotici, (come se non fosse stata scientificamente riscontrata, in molti casi, la fallacia dei primi, e la progressiva assuefazione e quindi l’inefficacia dei secondi)
Concludendo poi che “anche laddove non uccide, il negazionismo danneggia comunque la nostra esistenza, perché ci impedisce di vivere nel mondo reale, ci costringe ad un’assurda realtà, in cui facciamo una fatica terribile per dare un senso a delle cose che senso non (lapsus?) hanno.
E poi, in fondo, è molto più interessante vivere su un pianeta tondo (non si capisce cosa c’entra, ma ce lo infila comunque dentro, probabilmente instillare un sillogismo per cui “tutti i “negazionisti” sono anche terrapiattisti” e quindi “matti”, come spiegherà dopo), piuttosto che impiegare tutte le proprie energie a convincersi che la Terra sia piatta”.
E ancora: “Miller prova a spiegare il meccanismo mentale…dice: “Forse interviene qualcosa che non è tanto dissimile a quello che accade in certe forme di demenza..”.
La Dott.ssa conclude che a suo parere, oltre ad essere forse dei malati (e quindi pericolosi), i negazionisti sono persone che vorrebbero “trovare soluzioni semplici ad un problema complicato…
Pensiamo al COVID, è una cosa terribile, dobbiamo affrontarla con grande difficoltà, sacrifici economici, personali, ansia.
Pazzia e pandemia – Il negazionismo ci fornisce la soluzione semplice che il Covid non esiste, e se esiste non dobbiamo preoccuparci…
La scienza può aiutarci a uscire dalla “trappola”, conclude la Dottoressa, “ma secondo me ancora di più può aiutarci il senso di solidarietà sociale, perché in fondo ci viene detto che questa malattia è pericolosa solo per le persone fragili…ma anch’esse anche hanno un’aspettativa di vita, breve o lunga che sia”.
In effetti, come poter confutare questa ultima affermazione?
Tuttavia, ammesso che eticamente sia giusto sempre “accanirsi terapeuticamente” con persone sempre più fragili e spesso purtroppo sole, si deve per forza accettare acriticamente tutti gli altri ragionamenti?
Se ci pensiamo bene, non è questo forse un chiaro esempio di “pensiero magico”? E questa affermazione sulla solidarietà sociale, non conferma quanto sostiene il prof. Manzotti sull’ “appartenenza”? https://www.la7.it/dimartedi/video/la-biologa-barbara-gallavotti-ci-porta-nella-mente-dei-negazionisti-10-11-2020-349512.
Il Professor Mencacci, presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia, ha affermato che “chi nega l’esistenza del virus lo fa per paura” e che “Il negazionismo è una condizione di sdegno, nell’ambito di una cultura narcisistica, che induce a non sopportare le indicazioni della scienza.
Pazzia e pandemia – Quello che noi vediamo è che di fronte alla scienza e alla ragione vi è un marcato rifiuto, quando invece proprio ragione e scienza sono la base della nostra civiltà e di quello che noi chiamiamo umanesimo https://www.repubblica.it/salute/2020/11/04/news/covid_lo_psichiatra_chi_nega_l_esistenza_del_virus_lo_fa_per_paura_-273045446/
Non si sottrae al dibattito e al giudizio neanche il noto e più equilibrato Prof. Galimberti, sempre intervistato sempre su LA7, secondo cui “Covid non è un nemico come in guerra, genera angoscia e non paura.
I negazionisti sono deliranti” https://www.la7.it/atlantide/video/lintervista-al-prof-umberto-galimberti-covid-non-e-un-nemico-come-in-guerra-genera-angoscia-e-non-11-11-2020-349767, ricordando però che il processo del “negazionismo” è stato alimentato dagli stessi governanti, quando per esempio affermano che le guerre sono “missioni di pace”.
Assistiamo quindi ad una situazione in cui gli intellettuali che si accusano a vicenda, con ampie argomentazioni, di tenere un comportamento irrazionale e infondato.
Come in un infinito gioco di specchi mentre, ad un livello più “popolare”, si assiste a dibattiti spesso duri (e inconcludenti) sui “social” che non fanno altro che alimentare le diverse “fazioni” e la divisione sociale:
Sembra quind,i in alcuni giorni, che siamo veramente nella fase finale di quel “Kali Yuga” descritto dalle sacre scritture della tradizione indiane (i “Veda), e decritta come “un’era oscura, caratterizzata da numerosi conflitti e da una diffusa ignoranza spirituale”.
E’ possibile uscire da questa vera e propria “trappola”? Credo di sì, che sia possibile farlo, mantenendo la propria “integrità”, il proprio pensiero libero, le proprie convinzioni, e al tempo convivere con questo vero e proprio “nuovo ordine” o “nuovo credo”, fatto di riti, di sacrifici, e purtroppo anche di sofferenza e morte.
Pazzia e pandemia – Perché in tutto questo ci può anche essere del buono: un piccolo gesto di solidarietà verso chi sta soffrendo questa condizione; una scelta diversa nei propri stili di vita, con maggiore attenzione alla propria salute, al proprio sistema immunitario.
La scelta oculata, di persone e di interessi da curare, di luoghi da vivere e da frequentare, magari luoghi più vicini alla natura, anche molto vicini a noi.
Possiamo quindi, e forse dobbiamo, cercare di proseguire a celebrare i cicli e i ritmi della natura, esprimendo comunque gratitudine per tutto quanto di buono (e forse per certi aspetti anche per il meno buono), che ci ha portato anche in questo anno che si sta avviando al termine.
Non posso quindi che concludere questa mia riflessione con questo famosissimo passo del Libro dell’Ecclesiaste, sui cui ognuno noi potrà meditare nei prossimi giorni:
Per ogni cosa c’è il suo momento, il suo tempo per ogni faccenda sotto il cielo.
C’è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per sradicare le piante.
Un tempo per uccidere e un tempo per guarire, un tempo per demolire e un tempo per costruire.
Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per gemere e un tempo per ballare.
Un tempo per gettare sassi e un tempo per raccoglierli, un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci.
Un tempo per cercare e un tempo per perdere, un tempo per serbare e un tempo per buttar via.
Un tempo per stracciare e un tempo per cucire, un tempo per tacere e un tempo per parlare.
Postfazione: (26/11/2020)
Sono già trascorsi alcuni giorni, e dopo un primo momento di rabbia e di fatica, adesso già pare vedersi una “luce in fondo al tunnel”. A breve si potrà tornare a incontrarsi, a fare qualcosa insieme, anche se con molta accortezza. Improvvisamente, poi, tutto sembra destinato velocemente a risolversi.
Forse, il “sacrificio” è stato compiuto, la battaglia si è conclusa anche stavolta. Stanno per arrivare “salvificamente” non uno, ma molti vaccini. Un’inondazione di vaccini, per molti saranno obbligatori o quasi. Ne riparleremo. Nel frattempo alcuni nostri cari, o nostri conoscenti, se ne sono andati.
Non sappiamo se a causa del Covid o no cambia poco, quello che conta è che loro non ci sono più. E questo ci richiama all’esigenza di vivere con sempre maggiore consapevolezza, con maggiore presenza, con maggiore pienezza, per noi stessi e per gli altri.
Dobbiamo fare lo sforzo di non arrenderci mai, di cercare sempre nuove cose, di scoprire, di amare le persone che ci stanno accanto da sempre, i nostri avi che ci hanno trasmesso la vita e la memoria, come quelle appena conosciute.
Nel frattempo, il Mondo è cambiato intorno a noi. E’ bene, è male? Non lo sappiamo, ma è il nostro mondo di adesso, il nostro momento. Cerchiamo di viverlo fino in fondo, in presenza, nella ricerca della bellezza, e con un grande sorriso consapevole.
Ascolto altra musica che da sempre mi dà molta energia, un pezzo dei miei anni convulsi di quanto avevo vent’anni: “tabula rasa elettrificata” dei C.S.I. Penso all’appennino e al fatto che potrò tornarci presto, senza dover aver paura di essere multato. Magari ci rivediamo lì. A presto.
Luca Giorgetti